Ormai lo sappiamo: un sistema informatico mal protetto può capitare nelle mani degli hacker, che potrebbero manometterlo, disattivarlo, cancellare dati, o fargli fare cose che non si vorrebbero.
Ma qualcuno aveva mai pensato che un hacker potrebbe anche manomettere un dispositivo medico, mettendo potenzialmente in pericolo delle vite?
Nel 2008, un gruppo di ricercatori dell'università di Washington, della Harvard Medical School e dell'università del Massachusetts hanno documentato di essere riusciti ad accedere da remoto ad un defibrillatore cardiaco, rubando dati personali del paziente e inducendo ritmi cardiaci potenzialmente letali. Da allora, stanno lavorando a soluzioni per evitare che questo possa realmente accadere per opera di malintenzionati.
Anche l'Oak Ridge National Laboratory del Tennessee ci sta lavorando. Le idee più comuni finora sono quelle di proteggere con della crittografia le comunicazioni senza fili, e di proteggere defibrillatori e pacemaker con delle password. Visto che però il medico deve poter accedere a questi dispositivi anche se il paziente fosse incosciente e ricoverato d'urgenza, la password deve essere facilmente reperibile. Si parla quindi di applicare un tatuaggio, visibile con luce UV, contenente un codice a barre con i codici necessari.
Insomma, se andiamo avanti così, saremo dei veri e propri cyborg, con codici tatuati sul corpo. Ma se può salvare delle vite, direi proprio che è opportuno. E ben vengano questi studi!
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